Descrizione
Nei pressi di Gropparello, lungo il corso del rio Rosello, è situata una delle nove aree appartenenti alla Riserva Naturale Geologica del Piacenziano. Istituita nel 1995 si propone di tutelare e valorizzare una serie di aree nelle quali è riscontrabile la presenza di importanti reperti geologici e paleontologici. Le finalità della Riserva non sono tuttavia esclusivamente geologiche, in quanto le aree in essa compresa posseggono grande valore anche dal punto di vista botanico e paesaggistico.
Il termine "Piacenziano" indica un periodo geologico appartenente al Pliocene (tra 5,3 e 1,8 milioni di anni fa) di cui le aree della Riserva costituiscono lo stratotipo di riferimento. Fu il geologo svizzero Karl Mayer nel 1858 a coniare il termine "Piacenziano" per indicare le argille azzurre che, nel piacentino come in altre località europee, testimoniano di un'età in cui terre oggi emerse erano fondali marini popolati addirittura da balene.
Nel periodo in questione la pianura padana era infatti un grande golfo del mare Adriatico, popolato da una fauna marina inizialmente di tipo subtropicale, mentre nella zona collinare dell'Appennino (dove oggi sono situate le aree della Riserva) si trovava la linea di costa. Tutte le aree della Riserva sono caratterizzate dalla presenza di formazioni calanchive anche imponenti: queste pareti rocciose verticali, originate da sedimenti argillosi, possono essere "lette" come un libro dal punto di vista stratigrafico e raccontare i lenti mutamenti climatici che trasformarono il golfo tropicale pliocenico nel mare freddo del Pleistocene, popolato da cetacei e molluschi attualmente presenti nei mari del Nord.
E' sorprendente constatare l'eccezionale concentrazione di molluschi fossili imprigionati nelle pareti argillose oppure disseminate sul fondo dei torrenti che scorrono nelle aree della Riserva. La presenza di un gran numero di piccole conchiglie è riscontrabile addirittura nei grandi blocchi di arenaria gialla utilizzati per la costruzione della romanica Collegiata di Castell'Arquato, situata nella piazza alta del paese. Questi calanchi tuttavia non nascondono solamente piccoli molluschi, come testimonia il ritrovamento di un cranio di balenottera avvenuto nei pressi di Montezago nel 1983, oppure quello di uno scheletro completo di delfino nella valle del Rio Stramonte nel 1895.
Le aree della Riserva, fisicamente separate l'una dall'altra, coprono complessivamente una superficie di 345 ettari. Le nove stazioni sono quelle di rio Rosello (Gropparello), Badagnano (Carpaneto), rio Stramonte, rio Carbonaro, Montezago e monte Giogo (Lugagnano), monte Padova e torrente Arda (Castell'Arquato) e monte La Ciocca (Vernasca). Tutte le aree fanno riferimento al Museo Geologico di Castell'Arquato, che gestisce la Riserva dal punto di vista tecnico-scientifico e raccoglie alcuni tra i reperti più preziosi emersi dagli affioramenti di queste colline. Il primo approccio scientifico con i resti
paleontologici del Piacenziano avvenne alla fine del Settecento per merito di Giuseppe Cortesi, le cui ricerche consentirono di accumulare una notevole quantità di materiale di grande valore scientifico che finì in parte al Museo Civico di Milano ed in parte all'Università di Parma per iniziativa di Maria Luigia d'Austria (questo materiale è oggi esposto al Museo Paleontologico parmense).
Il Museo di Castell'Arquato è tra l'altro ospitato nei locali del cinquecentesco Ospitale di S. Spirito che costituisce un ulteriore motivo di interesse per il visitatore.
Tra Sariano e Gropparello è appunto situata la stazione di rio Rosello, affluente del Vezzeno, che comprende circa un chilometro di fondovalle del rio medesimo; qui si trova un affioramento di argille marnoso - sabbiose risalenti al Pliocene inferiore nascosto da una fitta vegetazione, costituita, tra l'altro, da ontani e salici. Al greto del torrente si accede tramite una carraia che scende dall'abitato di Case Badini, raggiungibile da Sariano.