Descrizione
Le prime tracce di insediamenti umani scoperti nel territorio del Comune di Gropparello (nelle vicinanze della località di Groppovisdomo) risalgono all'età del ferro. Successivamente la zona venne colonizzata in età romana, contemporaneamente alla fondazione del Municipio di Veleia (tracce di insediamenti romani sono stati portati alla luce in Val Chero, sul versante opposto a quello dove sorgeva Veleia stessa). Presso Veleia, nel 1747, venne portata alla luce la cosiddetta "Tabula Alimentaria" una lastra bronzea sulla quale sono riportati i provvedimenti assistenziali attuati in zona dall'imperatore Traiano. La "Tabula" è di fondamentale importanza poiché consente di conoscere l'organizzazione del territorio piacentino in età romana: in essa, ad esempio, sono contenuti accenni alla "villa" di Satrianus (Sariano).
Originariamente la località era denominata "Cagnano", nome di radice latina, mentre il toponimo Gropparello è di sicura etimologia longobarda (il termine "groppo" indicava una formazione montuosa tondeggiante). Più precisamente con il nome "Cagnano" si identificava la rocca e, di conseguenza, il vicino borgo, mentre con "Gropparello" veniva indicato l'intero territorio; verso la fine del secolo XIX tuttavia il paese era già comunemente chiamato Gropparello ed il toponimo Cagnano era caduto in disuso.
Dopo gli anni bui del periodo altomedievale le prime notizie che si possono raccogliere risalgono alla fine del secolo VIII: in quest'epoca il territorio di Gropparello passa sotto il controllo del Monastero di Val Tolla, al quale Enrico II, nel 1014, cede anche la località di Sariano. Il Monastero reggerà questa zona fino al 1535, anno in cui Papa Paolo III, preso atto della soppressione dell'Abbazia, la cederà agli Sforza. Agli Sforza subentrarono nel secolo XVII gli Anguissola che governarono queste terre per circa duecento anni.
La Val Riglio, con i castelli di Montechino e di Veggiola, invece legò le sue vicende storiche ai Nicelli, signori della vicina Val Nure. Solo nel 1832 il territorio della Val Riglio si unì da un punto di vista amministrativo a quelli della Val Vezzeno e della Val Chero per dare origine a quello che sarebbe in seguito divenuto il Comune di Gropparello.
Le vicende storiche di Gropparello, nel particolare, sono comunque da ricondurre a quelle del castello che sorge nelle immediate vicinanze del capoluogo e che costituisce il maggiore e più interessante monumento del Comune.
Donato nel 780 da Carlo Magno alla Chiesa Piacentina, il castello viene citato per la prima volta in un documento nell'840 come bene di proprietà del vescovo di Piacenza, Seufredo II. L'edificio nel 1255 venne distrutto dalle truppe ghibelline al servizio di Oberto Pallavicino, ma venne subito riedificato, tanto che il Pallavicino tentò nuovamente di espugnarlo senza successo in anni successivi. Il vescovo Filippo Fulgosio attorno al 1300 lasciò il castello ai propri eredi, i quali, quando nel 1335 Piacenza ed il suo territorio passarono ad Alberto Scoto e l'egemonia guelfa terminò, dovettero abbandonare la città e ritirarsi a Gropparello. I Fulgosio tennero il castello fino al 1464 quando Francesco Sforza, duca di Milano, lo cedette a Galeazzo Campofregoso. Da qui in poi il fortilizio vide l'alternanza di numerosi proprietari, tra i quali gli Anguissola, che lo tennero per circa due secoli, fino a che pervenne, nel 1869, al conte Ludovico Marazzani Visconti il quale lo fece restaurare, nelle forme che attualmente si possono ammirare.
Curiosità
Parlando di Gropparello infine occorre ricordare la figura di Bruno Cassinari, pittore e scultore originario della località di Simoni, nei pressi del capoluogo, uno degli artisti più in vista della seconda metà del Novecento, non solo sulla scena italiana, ma anche su quella internazionale (è nota la sua amicizia con Pablo Picasso). Il legame di Cassinari con Gropparello rimase molto profondo nonostante la lontananza, un legame che si manifestava specialmente nel profondo affetto per la natura e per le tradizioni popolari dei suoi luoghi d'infanzia. Questo affetto traspare più volte dalle sue opere sia pittoriche che scultoree, che ritraevano spesso figure di cavalli, veri e propri simboli di questo suo grande amore per la terra e la natura.